Renè Magritte: linguaggio visivo e messaggi   subliminali

 

Illusione ottica, giochi d’effetto, impressioni irreali dell’occhio, davanti ad immagini che scherzano con la realtà: era ciò che comunicava il grande pittore del Novecento belga, Renè Magritte.

Opere fuori dagli schemi le sue, anche da quelli del Surrealismo sebbene l’artista rimase sempre, saldamente integrato allo storico movimento.

Componente intrinseca di una personalità a sé stante che il pittore esprimeva in certi lavori artistici, fu l’episodio sconvolgente che egli, suo malgrado, visse durante l’adolescenza: il suicidio della madre, annegata in un fiume, nel 1912; secondo alcune fonti, venne ritrovata con la testa avvolta nella propria camicia da notte. Magritte, passò la vita a negare qualunque elemento di confronto tra questo dramma vissuto e alcune sue opere, in seguito divenute celebri in tutto il pianeta, come nel caso de Gli Amanti (1928), uno tra quadri più noti  e riprodotti  dai media; ma se si osserva quel  dipinto con gli occhi di  chi è a conoscenza del  tragico avvenimento,  ne risulta spontanea    un’ associazione  visivo/mentale.

Se in qualche dipinto il celebre maestro belga, faticò a celare questo suo dramma giovanile, al contrario, esibì una non comune maestria, nel nascondere messaggi subliminali, durante il periodo in cui lavorò per il mondo della  pubblicità e della   cartellonistica, tra gli anni Venti   e Trenta  del  Novecento.

Tale elemento   divenne, poi, il fondamento   della sua pittura   per tutti i decenni successivi, fino alla   morte sopraggiunta nel 1967. La vera svolta stilistica surrealista si realizzò nella seconda metà degli anni Venti, quando ebbe modo di conoscere le opere di Giorgio de Chirico oltre alla possibilità, finalmente, di raffigurare l’ enigma  del  visibile  ossia  farsi  domande sull’essenza  di  ciò che è reale;  fu proprio  questo  concetto a spingerlo sempre più,   verso la sperimentazione artistica tanto che, nel 1925,   aderì al gruppo surrealista di Bruxelles.

Potrebbe sembrare assurdo domandarsi che cosa sia la realtà, eppure nel mondo mediatico ci si pone, quotidianamente, tale quesito: noi vediamo davvero la realtà per quella che è?  Oppure, a volte, gli occhi ci ingannano e diamo per scontata la realtà di  qualcosa  che, invece,  reale non è?

Premesso che la realtà è reale di per sé e quindi non può essere negata, è assolutamente possibile manipolarla volontariamente o involontariamente.

Alcune notissime opere di  Renè Magritte  dimostrano proprio tale  assioma.

Nel 1922 il pittore sposò la sua musa/modella Georgette, conosciuta sin da quando entrambi erano adolescenti; si può affermare, senza alcun dubbio, che fu un   incontro di anime gemelle. Rimasero insieme per tutta la vita.

Nel 1928, lo stesso anno de Gli Amanti, Georgette posò per lui, in un’opera del tutto extra-ordinaria, Il tentativo  dell’Impossibile

Se si osserva la scena, si vede l’artista mentre ‘crea dal nulla’ la figura femminile ed egli stesso viene ritratto, non mentre  sta modellando  la figura  del  braccio femminile, ma  nell’istante medesimo in cui  sta dando  vita  al braccio della donna. Tale effetto è dato proprio dal senso di spazio vuoto tra il pennello, la carne che sta creando e la luce che l’artista dispone sulla tela; vediamo anche, che il piano della  tavolozza è cosparso   non tanto  di  colore  ma  di  ‘luminosità’: è la luce della creazione.

In questo quadro Magritte raffigura il tentativo impossibile, per l’essere umano, di creare la realtà.

Ecco allora, che egli ci mostra l’impossibile e raffigura l’utopia; il mistero della realtà, il tentativo impossibile di ricreare la perfezione e la sublime Bellezza, quella con la B maiuscola.

Non è da trascurare che Renè Magritte, rimase sempre membro attivo  del gruppo surrealista a capo  del  quale  vi  era l’ ideologo e fondatore, Andrè Breton, un genio dell’arte ma  pure un uomo oscuro e dal carattere impossibile,  resosi  insopportabile a grandi personalità come De Chirico o  Frida Kahlo (che non accettò mai l’etichetta di pittrice surrealista); il maestro  belga, invece riuscì  a conservare un rapporto amichevole con Breton, grazie  alla propria  mitezza ed equilibrio  ma in realtà, egli fu l’unico artista del movimento, a  prendere una direzione  opposta   rispetto alle tendenze più buie  e  rivolte ad un inconscio ‘notturno’,  affondato nei meandri  ambigui dell’intimo umano, che caratterizzava  e l’essenza del surrealismo ufficiale.

Magritte svolse un’indagine su come il nostro cervello lavora durante l’osservazione dell’oggetto: lo evidenzia un ciclo pittorico  molto noto,  che l’artista riprodusse in vari esemplari,  tutti differenti, dal  1926  fino   gli anni Sessanta.

Si tratta de La trahison des images (il tradimento delle immagini)

Uno dei quadri più significativi di tale serie, fondamentale per comprendere il concetto di ‘inganno delle immagini’, si intitola   ‘Ce ci  n’est pas une pipe’ ( questa non è una pipa).

Se l’osservatore guarda il quadro, ci vede immediatamente una pipa, ma al di sotto dell’oggetto raffigurato, si legge una grande scritta che afferma il contrario “ Questa non è una pipa”, perciò  si resta alquanto spiazzati dalla visione d’insieme.

In questo gruppo di opere Magritte abbina il linguaggio delle parole a quello delle immagini, esattamente come avviene in campo pubblicitario e mediatico; in tal modo trasmette tutta la forza del suo messaggio surreale, attraverso cui  vuole farci  notare che non sempre, ciò  che vediamo  è la vera realtà.

Nel dipinto infatti, non è presente una vera pipa, ma vi è solo l’IMMAGINE di una pipa, poiché non si può utilizzarla realmente, non può essere né fumata, né potremmo inserirvi al suo interno, del tabacco.

Ecco allora, che non si tratta affatto, di una pipa ma abbiamo davanti a noi, un dipinto: la sua vera realtà è quella di essere un dipinto.

Non a caso, l’artista scelse di realizzare un dipinto semplice, lineare, quasi da manualetto per bambini: l’intento fu quello di spiegare come l’immagine e la realtà siano due cose totalmente diverse, dunque, tutto dipende   da come noi associamo le idee a ciò che vediamo.

La realtà si può ingannare e ci può ingannare.

Partendo da questa dimostrazione si può affermare che Renè Magritte fu un anticipatore di ciò che nel nuovo millennio, è divenuto, ormai, un modus operandi  del settore mediatico, dalla  tv ai giornali,  fino ai notiziari  on  line ossia   quel mondo virtuale e  non virtuale,  che  fa parte  della vita quotidiana  della gente.

Il maestro belga dimostrò quanto sia facile ingannare l’occhio e la mente, proprio manipolando la realtà, tramite le immagini e le parole.

In tal modo Magritte aprì un mondo nuovo all’arte concettuale: infatti molti artisti degli anni Settanta,   espressero   proprio i suoi principi  e  tutto ciò la dice  lunga riguardo  all’enorme  progresso che le tecnologie hanno raggiunto   in questi  decenni,   dal Novecento  ad oggi,  giungendo a risultati straordinari.

Ma come in tutte le cose   mondane, ciascuna azione determina una reazione che può   risultare positiva o avversa, a seconda di come si agisce.

Renè Magritte sviluppò intuizioni filosofiche ed artistiche partendo proprio, da un contesto di cui i media del suo tempo, furono protagonisti.

Egli riuscì dunque, ad anticipare anche i rischi che nascono dalla manipolazione delle immagini e delle parole.

In un’epoca come la nostra, di nuove pandemie, guerre   reali e virtuali, cambiamenti climatici possibili e reali, in un’epoca di  confusione sociale e morale, il messaggio di  Magritte  risuona più che mai, come un grande insegnamento.

                                                                                                                                                                    Anna Rita Delucca 19 giugno 2022

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Print Friendly, PDF & Email

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.