Vecchiaia, stupore, curiosità

 

“Non l’abbiamo mai né desiderata, né aspettata.”

“Ora noi stiamo diventando quello che non abbiamo mai desiderato diventare: cioè dei vecchi.”

 

Così dice Natalia Ginzburg in un suo saggio intitolato appunto “La vecchiaia” nella raccolta “Mai devi domandarmi” (Einaudi) e, insieme ad un’infinità di altre affermazioni, mi ha fatto riflettere su alcuni punti che, vuoi per superficialità, distrazione o semplicemente per pigrizia, la maggior parte di noi non prende mai in considerazione.

 

E’ vero, non piace a nessuno diventare vecchio (anche se l’alternativa è molto peggio), però anche la vecchiaia è una delle fasi della vita, come l’adolescenza, la gioventù, la “mezza età” e come tale va vissuta e affrontata con le armi di quella saggezza che, almeno teoricamente, si dovrebbe aver acquisito negli anni.

 

L’inclemenza dello specchio nei riguardi delle rughe, dei capelli bianchi (se ne sono rimasti), i piccoli acciacchi che tendono a diventare grandi: ecco parte dell’insieme che ci attende oltre le porte dei nostri compleanni. Ho detto parte perché, (e qui mi rifaccio alle parole della Ginzburg), il segnale più acuto e più pericoloso che si presenta in modo subdolo è una progressiva incapacità di provare Stupore e la conseguente consapevolezza di non destarlo più negli altri, questo stupore.

Frase ricorrente: “Non mi stupisco più di niente”.

Ma cosa vuol dire? E’ comodo rassegnarsi così con una semplice frase dettata anche da un conformismo che ci permette di evitare sforzi apparentemente inutili.

Poi perché degli sforzi? Non è certo faticoso stupirsi davanti a un paesaggio, a un brano musicale o ad un’opera d’arte: non che meravigliarsi per qualcosa, per qualunque cosa, sia un privilegio riservato solo ai bambini, anzi, il tempo che scorre ci dovrebbe regalare una maggior consapevolezza di ciò che ci circonda, dovrebbe rafforzare il nostro sguardo per approfondire e godere maggiormente di ogni sensazione che ci è dato provare.

Sì, rifuggiamo dall’indifferenza che spesso è figlia della fretta, della velocità della vita, dell’ossessione di essere sempre presenti per un nanosecondo e che ci porta a perdere il contatto sì con il Bello, ma anche con quel Dolore che tendiamo di evitare in quanto siamo troppo impegnati e preoccupati del nostro destino che non ci concediamo certo il tempo di condividere quello degli altri. A ben pensarci viviamo anni nei quali sono successe e succedono cose che individualmente e collettivamente sconvolgono le nostre esistenze: una pandemia che ci ha tolto il piacere di un abbraccio, cataclismi che in pochi secondi hanno spazzato via intere comunità, un pensiero costante alla nostra esistenza su questo pianeta sempre più offeso, la cattiveria e forse anche l’odio del singolo verso il proprio simile.

Ecco, e la nostra reazione qual è? SUCCEDE, sì un’unica parola SUCCEDE. E quando succede giriamo la testa, ci rassegniamo. Non ci stupiamo più di niente.

Inizia la Vecchiaia.

 

Paolo Bassi

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