Atul Gawande – Con cura: diario di un medico deciso a fare meglio – Einaudi 2018

(Paolo Bassi)

Pochi giorni fa, una “mente illuminata” mi ha fatto dono di un libro intitolato “Con Cura: diario di un medico deciso a fare meglio” di Atul Gawande, che reca in copertina il profilo di un chirurgo con mascherina e cuffia da sala operatoria. Mente illuminata, perché è stato un regalo mirato vista la mia più che trentennale attività ospedaliera all’interno delle sale operatorie in qualità di fotografo. Non sono un medico quindi, ma la mia posizione, che potrei definire privilegiata, mi permette di osservare la vita in questo ambito con l’occhio di chi non è direttamente coinvolto in procedure, tecniche e problemi etici, tipici invece, di coloro che con il titolo di “dottori” ne sono direttamente coinvolti. Non ero certo se davanti a me avessi avuto un romanzo oppure un saggio di medicina, la cronaca di un avvenimento o, al limite, il resoconto della vita di un medico.

Nulla di tutto ciò, nulla di incomprensibile, nulla che potesse neppure lontanamente ricordare una delle solite serie televisive.

Gawande si mette in gioco, mette in gioco la sua professione con tutti i rischi quotidiani, ma soprattutto ci parla del valore della motivazione personale.

I personaggi che scorrono tra le pagine del libro sono, da un lato, i pazienti che chiedono un aiuto spesso silenzioso e dall’altro i medici che questo aiuto fanno il possibile per provare a fornirlo. L’autore, partendo dal presupposto che “la medicina è una tecnica mediante la quale l’uomo si prende cura dell’uomo”, pone tre condizioni fondamentali: “per fare meglio in medicina occorrono scrupolosità, ingegnosità e voglia di fare la cosa giusta”. Ora, basandosi su queste tre semplici parole, Gawande ci mette al corrente, con alcuni esempi, di quelle che, per un medico, dovrebbero essere se non la quotidianità, almeno le semplici procedure da un lato, l’organizzazione di campagne condivise in vaste aree geografiche da un altro, le soluzioni migliori ai vari problemi etici e di comportamento con pazienti e famigliari e, non ultimo, relativo all’ingegnosità, la capacità di affrontare e risolvere problemi affidandosi a quell’”artigianato” che si basa sull’invenzione di nuove manovre e approcci e a quell’”industria” che si fonda sulla preparazione e sull’affidabilità degli operatori. Da qui, per l’autore, nasce la figura del medico come “Deviante Positivo” insieme ai cinque consigli per esserlo o diventarlo, posti alla fine del libro.

Non è assolutamente possibile proporre un riassunto del libro: occorre leggerlo tutto e “con cura” come recita il titolo, ma come curiosità e per stimolare l’interesse del lettore mi limiterò a dire che all’interno del capitolo sulla scrupolosità vi è il “lavaggio delle mani”. Banalità, direte voi, ma vi posso assicurare che non è poi cosa così ovvia: la diffusione di virus e batteri che portano malattie di ogni genere, anche mortali per i pazienti riveste la stessa pericolosità dei virus liberi. E questa non è una tecnica che si impara sui libri di medicina: è solo buon senso. Nel capitolo, poi, sul fare la cosa giusta si affronta la “Nudità”: ovvero come si deve comportare un medico (maschio ad esempio, ma vale la stessa cosa anche per il medico donna) durante la visita ad una donna/uomo che deve denudarsi.

Infine, una riflessione condivisa con altri che hanno letto questo libro: trasferendo tutte queste notizie dall’ambito sanitario alla nostra vita quotidiana, di certo saremmo più propensi ad affrontare la nostra esistenza da un diverso punto di vista, un punto di vista che ci tolga dall’immobilismo e dalle false sicurezze acquisite anche per comodità, e potremmo, pur nel nostro piccolo, trovare la strada per migliorarci e, non ultimo, aiutare anche altri a migliorarsi.

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