Aldo Borgonzoni: rosse cromie tra comunismo e porpore ecclesiastiche

      

Aldo Borgonzoni come sostanzialmente tutti i grandi personaggi, può essere complesso da capire. Chi ha una marcia in più come lui, spesso può apparire contraddittorio nelle sue espressioni. In realtà, siamo noi che non essendo così efficaci nella eloquenza espressiva, quale essa sia, arriviamo a capire (forse), in ritardo. Ci sono sempre domande e anche nuove interpretazioni in questo mondo cosi eccelso.

 

Elaborazione digitale di A.R.D.

Visita all’ Archivio e Centro Studi Aldo Borgonzoni

Passeggiando per Bologna, lungo Porta Saragozza  da cui ogni anno, nel mese di  maggio, si  staglia l’antichissima processione della Madonna di San Luca, ci  si  imbatte  in un elegante palazzetto a ridosso delle mura, dove è presente l’Archivio e Centro Studi  dedicato ad Aldo Borgonzoni. Pittore internazionale nella storia del Novecento italiano, per il valore non solo artistico ma anche politico e sociale che la sua personalità assunse, soprattutto, nel periodo della seconda guerra mondiale e poi, negli anni Sessanta, durante la nascita del Concilio Vaticano II.

Il Centro Studi è diretto dal figlio dell’artista. L’architetto Giambattista Borgonzoni, (genitore dell’attuale senatrice Lucia) che ci accompagna per le sale dell’Archivio raccontandoci la storia e illustrandoci le straordinarie opere di suo padre Aldo, appese alle pareti.

 Alcune di queste, nel corso del tempo, sono apparse in mostre prestigiose e importanti musei del mondo. Alcuni dei quali, tuttora, detengono grandi lavori storici del maestro bolognese come ad esempio il Puskin di Mosca, Il Museo Nazionale di Bratislava, quello di Praga, la Galleria d’Arte Moderna di Tel Aviv e altri ancora.

 

 

Gianbattista Borgonzoni durante l’intervista

La forza attrattiva dei colori

Ciò che colpisce osservando le sale e i corridoi dell’Archivio, è la forza attrattiva dei colori. A volte addirittura violenti, che caratterizzano i quadri del maestro, sia che si tratti di soggetti legati al mondo agricolo e delle risaie dove operavano le sue amate mondine, sia che si tratti  di  tematiche collegate  agli anni Sessanta. Dominati da riforme ecclesiastiche e da conflitti interni per il cambiamento prospettato dal Concilio Vaticano II. Temi ripresi e raccontati, in moltissime occasioni dai pennelli del pittore medicinese.

Braccianti in lotta per parificare i diritti del popolo eternamente calpestati e rinnovamenti della Chiesa Cattolica attrassero sempre l’attenzione di Aldo Borgonzoni, nonostante egli fosse di inclinazione dichiaratamente comunista, se non altro per le domande sul rapporto tra Dio e la sofferenza della condizione umana, che egli espresse nella filosofia della sua arte.

Come conciliare la Croce Cristica, la povertà di spirito, il senso di uguaglianza con l’opulenza e il potere di certi porporati che compongono la Chiesa?

Come ci racconta il direttore dell’Archivio, l’artista visse il clou del Novecento spendendosi politicamente per la giustizia sociale. La pittura fu il mezzo principale per comunicare le sue idee, attraverso l’uso di colori e pennelli.

Gli anni giovanili in cui egli cominciò la propria attività creativa corrispondono a un periodo di rivoluzione a livello mondiale. In Messico e nei paesi ispanici, la pittura murale si espandeva con personaggi come Orozco, Frida Kahlo e Diego Rivera, come protesta contro i vecchi privilegi che affossavano le libertà del popolo. Anche la Russia muoveva i suoi passi avanzando contro le antiche istituzioni zariste. Particolare dal Ciclo pittorico murale realizzato nel 1948 per Camera del Lavoro di Medicina, Bologna (Pinacoteca di Medicina)

 

Nel 1913 nasce Aldo Borgonzoni in una minuscola frazione della “bassa “bolognese

Il mondo era in fermento quando nel 1913, Aldo venne al mondo a Medicina, minuscola frazione della ‘bassa’ bolognese lungo la traiettoria romagnola, di mondine e braccianti che da sempre, si spaccavano la schiena per un tozzo di pane. Anche sua madre lavorava nelle risaie. Insieme a tante donne che ogni giorno, dovevano fare i conti con le piaghe sulle loro povere gambe, causate dalle interminabili ore trascorse chine sull’acqua stagna, tormentate dalle zanzare. Tutto ciò valeva a malapena, il necessario per sopravvivere.

Il giovane Aldo, molto presto, conobbe la durezza della vita. Ma l’istinto creativo lo caratterizzava e già dai primi anni Trenta, si avviò alla pittura. Un’arte che lo avrebbe accompagnato per tutta la vita, a raccontare la realtà del mondo in cui viveva insieme alle   proprie contraddizioni.

L’evoluzione artistica si svolse in più fasi. Il periodo espressionista lo avvicinò ai canoni pittorici non solo della Germania ma anche della scuola romana, soprattutto di Mafai. Il periodo parigino legato all’incontro con l’arte di Picasso da cui acquisì un accentuato spunto neocubista.

 

Il 1947 è l’anno del riconoscimento ufficiale del valore artistico di Borgonzoni

Ma nel 1947, la sua mostra personale presentata da Lamberto Priori e visitata da personaggi come Guttuso, Turcato, Scialoja, Prampolini, lo stesso Mafai e altri ancora, segna il passo al riconoscimento ufficiale del proprio valore artistico come del resto, i conseguenti viaggi e gli incontri con vari personaggi illustri, soprattutto in Russia.

Una forte componente universalistica si riscontra sin da subito nella pittura di Borgonzoni, accentuata proprio dalla militanza politica nel mondo comunista. Tra le sue amicizie sovietiche, uno tra i tanti fu il muralista e artista del popolo, Vladimir Favorskj che Aldo ebbe modo di conoscere grazie al grande pittore ‘delle Bottiglie’, Giorgio Morandi, concittadino, amico e maestro (anche se indirettamente). Un fatto curioso, senza dubbio, poiché Morandi rimase sempre, un moderato politico e mai abbracciò ideologie comuniste ma soprattutto, era noto per i rari spostamenti dalla propria città.

Eppure, la fitta rete culturale intessuta dal maestro bolognese, permise al giovane Borgonzoni di rapportarsi con personaggi come Favorskj, nonostante lo stesso Morandi, ritenendo il colore rosso compromettente, lo invitasse a non abusarne.

La componente universalistica del pittore delle Mondine, si riscontra anche nel suo spiccato interesse per le più svariate forme d’arte. Il ciclo delle ‘Maschere’ come pure il gruppo di sassi dipinti -ch’egli raccoglieva lungo i fiumi o tra gli scarti di cantiere- nascono l’uno dalla passione per il teatro, l’altro dallo stretto legame con la natura e il mondo agreste.

Quell’estro creativo…

Dunque, nelle sue molteplici soluzioni artistiche si staglia quell’estro creativo per il quale conta, soprattutto, comunicare la propria poetica senza mai perdere il filo conduttore che collega il linguaggio dell’arte a quello dell’uomo, del mondo, della società.

Dopo le tematiche neorealiste degli anni Cinquanta legate al mondo contadino (al 1948 risale il murale di dodici episodi legati alla storia del proletariato eseguiti per la Camera del Lavoro di Medicina), il decennio successivo segna un nuovo momento. Altrettanto fondamentale per le tematiche di Borgonzoni: il Concilio Vaticano II.

Questa volta si tratta di un itinerario in cui tutto il bagaglio culturale e artistico raccolto fino a quel momento, sembra si trasformi in una nuova protesta da parte di un ‘laico alla ricerca di Dio’ contro la personale delusione nei confronti di una schiera di alti prelati. Chiusi nelle loro porpore, statici nelle mitre ‘imperiali’ (simbolo di potere per gli antichi sovrani/sacerdoti egizi) e che, senza dubbio, contrastano con le povere vesti indossate dal re dei re che loro medesimi venerano, ossia Gesù Cristo.

Ma nel contempo, la sua sincera amicizia con il cardinale Giacomo Lercaro, attivo promotore di riforme da parte della Chiesa del Concilio, trovò spazio nella poetica del pittore che da sempre, si spese per professare una sorta di unione universale delle Chiese e giungere così, secondo il suo ideale, ad una pace globale tra i popoli. Liberi finalmente, dalla sopraffazione di governi che producono armi, causa principale di tutte le guerre fratricide.

 

Il “Monumento all’indifferenza”

A trasformare, però, tale speranza in vera e propria utopia, è un’opera importante del 1975, che porta un titolo emblematico “Monumento all’indifferenza” poiché il Cristo di Borgonzoni si incarna nell’uomo semplice che si fa carico delle miserie del mondo e queste miserie del mondo che egli sentiva il dovere di raccontare, attraverso i pennelli, gli pareva ormai, che interessassero poco ai grandi poteri del mondo.

La sua arte è racconto -come egli stesso affermava. – Perciò procedette ‘raccontando’ pure durante gli anni Ottanta, quando affrontò il ciclo pittorico per la commemorazione del centenario delle rivolte contadine che, al grido ‘La Boje’ (nel dialetto veneto: la pentola bolle, sta per traboccare), culminarono nello storico processo di fine ‘800, a Venezia da cui prese vita l’idea di creare un partito socialista in Italia.

Negli anni Ottanta ricorsero anche i duemila anni dalla nascita del poeta latino Virgilio. Accompagnatore’ di Dante Alighieri nel viaggio all’interno della Divina Commedia. Borgonzoni, invitato alla rassegna “Otto Maestri per Virgilio“, tenutasi al Palazzo Ducale di Mantova, assieme a Giuseppe Giorgi, Guttuso, Manzù, Augusto Murer, Henry Moore, Treccani e Zancanaro realizzò l’interpretazione delle Georgiche.

 


 

Gli ultimi anni dell’artista

Aldo Borgonzoni proseguì nell’attività artistica fino agli ultimi anni (si spense nel 2004). La sua memoria oggi, è custodita dall’Archivio e Centro Studi a lui dedicato che da anni ormai, opera attraverso un importante gruppo di studiosi, sotto la direzione del figlio Giambattista e continua a realizzare mostre, progetti, attività di ricerca storica per mantenere vivo il ricordo di un artista impegnato  politicamente, il quale nel  complicatissimo XX° secolo, mediò  tra ideologie opposte. Perennemente in scontro tra loro cercò di anteporre la vita e la dignità umana alle fazioni ideologiche. Usando un’arma innocua ma molto potente ad esprimere le libere idee: l’arte.

Aldo Borgonzoni nel suo studio di Mongardino sulla collina bolognese, 1995. Foto inedita di Paolo Bassi di proprietà della collezione A.R.D.

 

                                                                                                                                                                                                                                                                             Anna Rita Delucca

 

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